raffaele solaini
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È stata inaugurata ieri sera a Pavia la terza edizione del Festival dei Saperi, alla presenza delle autorità istituzionali e accademiche, del sindaco Piera Capitelli e del prorettore Giovanni Francioni. In prima fila anche Letizia Moratti, presente alla manifestazione anche per sottoscrivere un accordo di collaborazione culturale con la città di Pavia e la sua Università in vista di Expo 2015. Al suo fianco, Roberto Schmid, rettore dell’Ateno pavese fino al 2005 e oggi a capo del Comitato scientifico per l’Expo.

Comincia, dunque, il Festival dei “saperi”. Parola declinata rigorosamente al plurale, per sottolineare la necessità di confronto fra discipline e competenze diverse, recuperando, almeno fino a domenica, giorno di chiusura della manifestazione, la vocazione originariamente universalistica, dialogica e trasversale dell’Accademia.

Si parlerà quest’anno di matematica e musica. Linguaggi apparentemente distanti, freddo e rigorosamente logico il primo, dominato dall’estro e dall’emotività il secondo, ma in realtà accomunati nella riflessione filosofica fin dall’età antica. Diceva Pitagora, che il mondo sarebbe fatto di armonia e di numeri, e che le armonie fossero riducibili a rapporti e frazioni. Soprattutto, due linguaggi creativi, perché, in qualche modo, entrambi silenziosi e da vivere nel silenzio. Incapaci di dire transitivamente, di riferirsi al mondo, matematica e musica significano solo se stesse, creando la realtà che disegnano. O, quantomeno, una sua struttura, una possibilità.

Festival della libera creatività, potrebbe sembrare, se la serata non fosse proseguita con l’intervento di Maurizio Ferraris, ordinario di filosofia teoretica a Torino, accompagnato sul palco da Armando Massarenti e dall’assessore alla cultura, professoressa Silvana Borutti. A scanso di equivoci, e per ripulsa verso il luogo comune della creatività, un infelice ossimoro, Ferraris si è esibito in un elogio della banalità. Quando tutti si dicono creativi, originale diventa essere noiosamente prevedibili. Non inventare nulla, perché poco o nulla c’è da inventare, ma catalogare con dedizione certosina, ordinando e rifornendo piuttosto i cassetti della memoria.

Un ben poco banale invito alla disciplina dell’ascolto, dunque, in controtendenza rispetto imperativo, tanto categorico quanto inverosimile, di essere originali a tutti costi, sparandola sempre più grossa. Un invito che riassume la vocazione della manifestazione, sospesa fra dialogo e impegno sociale. Ed è con questo invito nelle orecchie che mi sono avviato ad ascoltare nella bellissima piazza della Vittoria dei quartetti di Beethoven. Contemporaneamente, al Teatro Fraschini, si esibiva il musicista brasiliano Gilberto Gil.

IN FESTIVAL DEI SAPERI, COMINCIA CON L'ELOGIO DELLA BANALITA`
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(Affaritaliani.it, 04-09-08)